MILAN IMMORTALI – Il poeta e scrittore Marco Masullo ha pubblicato uno splendido pezzo stamane su La Gazzetta dello Sport, sottolineando il cambio di filosofia negli ultimi anni del Milan nei confronti delle sue star e dei suoi senatori. Masullo scrive: “C’era una volta una tribù di immortali. Highlanders. Li potevi trafiggere, espellere, gli potevi rompere i legamenti, ma loro stavano lì, fasciati di rossonero, il petto pieno di medaglie e lo sguardo dedicato all’infinito. Poi qualcosa è cambiato. Vai a capire cosa, la storia è fatta per evolversi come gli animali, e il dna muta al mutare dei bilanci e della pazienza di chi, forse, per troppo tempo ha investito danaro proprio e propria voglia. Ma prima gli Highlanders rossoneri erano definiti in un modo curioso, con una parola ormai estinta: «Incedibili». Commistione mitologica tra «incredibili» e «indelebili», una stirpe rocciosa e gloriosa come gli spartani che tennero le Termopili finché poterono. Così, fino all’attacco alle spalle, gli opliti rossoneri hanno resistito fieri per quasi vent’anni. Baresi, Maldini, Tassotti, gli ultimi intoccabili di una società che per scelta etica, ed economica, non vendeva i suoi pezzi migliori. Fin quando non andò via lo zar Shevchenko, il Leonida di quegli anni di trionfi europei. E lì qualcosa cominciò a vacillare nella falange rossonera. Kakà tre anni dopo seguì l’ucraino, il Re Serse (chi ha pensato a Cosmi esca dall’aula) di turno questa volta era vestito di blanco, Perez il suo nome.Mail problema, allora, non fu chi comprò l’ex bambino d’oro di San Paolo, ma chi glielo portò in dote. Gli stessi senatori che nelle assemblee pubbliche via satellite avevano sempre parlato di uno stile, di una spina dorsale unica in Italia e in Europa, secondo la quale il Milan non vendeva i suoi giocatori più forti». Poi Seedorf, Gattuso, Nesta, e in ultimo Ambrosini, sono finiti a lottare per altri strateghi. Non importa se a torto o ragione, ma hanno avuto, e avranno, un’ultima maglia sulla pelle. Mentre un immortale, un vero Highlander, per morire sul serio deve perdere la testa, e la maglia rimane al suo posto, sul petto. È proprio vero che si è estinta una filosofia calcistica. Che la storia avvolga sempre gli immortali rossoneri, cui hanno scippato la maglia dal petto, ma a cui mai, per un solo istante, hanno strappato davvero la testa. E il sorriso. Nonostante le lacrime di chi li ha guardati partire dal prato verde di San Siro. Ave Milan, immortalis te salutant”.
La redazione di Milanlive.it