MILAN MODULO ALLEGRI DIFESA / Una delle accuse principali che viene addossata a Massimiliano Allegri è l’incapacità di trovare un equilibrio di squadra. I continui cambiamenti, in pratica, non danno certezze ai giocatori, che si trovano così sballottati tra moduli e schemi che faticano a conoscere. E anche a livello di intesa, scoprire ogni volta che si va in campo che il vicino di reparto è cambiato rispetto alla partita precedente, non può regalare sicurezza. Tant’è vero che persino capitan Ambrosini , alla vigilia della partita di Malaga, aveva con molta serenità rivolto quasi un appello ad Allegri: «Va bene cambiare modulo in corsa. Però, prima o poi, il Milan deve trovare un’identità». Ecco, l’assenza di identità è l’aspetto più inquietante di questo Milan. Che, secondo la critica (ma non secondo Galliani ), era sicuro che avrebbe avuto problemi per restare al vertice, dopo l’opera di distruzione estiva e il tentativo di ricostruzione con acquisti low cost e con giocatori consigliati da amici degli amici. Una responsabilità, questa, che non può non essere attribuita ad Allegri: se la società ha dunque le sue colpe per aver venduto senza progettualità e per avere più o meno volutamente sopravvalutato il valore dell’organico, il tecnico, che da giugno sapeva di non avere più Nesta , Gattuso e Seedorf e da luglio di non avere più Thiago Silva e Ibrahimovic , non può, dopo quattro mesi di lavoro, non avere ancora capito se è meglio la difesa a tre o quella a quattro, se Mexes è più affidabile o meno di Yepes, se Zapata può giocare a quattro oppure no, se Montolivo deve giocare più avanti o più indietro, se Emanuelson è esterno alto, se le due punte sono meglio delle tre o se Boateng può o non può fare il trequartista. Un mare di dubbi che si ripercuotono nelle scelte fatte fin qui. Ecco perché a Palermo si è, per così dire, “festeggiata” la nascita del settimo modulo diverso. Inspiegabile una simile babele di situazioni: dal 4-3-1-2 dello scorso 26 agosto, data della prima gara ufficiale del Milan di quest’anno, si è arrivati al 3-5-2 appunto del Barbera, martedì sera. Passando però attraverso il 4-2-3-1 inaugurato contro l’Atalanta, il 4-3-3 visto per la prima volta a Udine, il 4-3-2-1 con cui il Milan non è riuscito a superare nemmeno l’Anderlecht e poi ancora il 4-2-4, utilizzato in qualche spezzone di match, specie quando c’era da rimontare lo svantaggio, e infine il 3-4-3 che si è visto dall’inizio della partita contro il Genoa, la scorsa settimana. Se sette moduli sono tanti, cosa sono tredici difese diverse in tredici partite disputate? Qualcosa, anche in questo caso, di incredibile o quasi. Eppure è terribilmente vero: Allegri non ha mai schierato gli stessi giocatori, là dietro. E non conta il fatto che da quattro partite il portiere sia Amelia e non più Abbiati : nella statistica, abbiamo preso in considerazione solo i difensori veri. Difesa a quattro in dieci occasioni e difesa a tre nelle ultime tre gare. Con De Sciglio che ha giocato terzino sinistro e terzino destro; con Bonera che ha giocato centrale a quattro, centrale a tre e anche terzino destro nella difesa a quattro (contro l’Inter nel derby); con Zapata e Acerbi , ovviamente i due nuovi acquisti chiamati per sostituire Nesta e Thiago Silva, che hanno giocato meno di tutti, ovvero solo tre presenze a testa. La conferma che la confusiuone non è solo in chi allena, ma anche in chi dirige.
7 moduli e 13 difese diverse, che confusione!
Fabio Alberti – www.milanlive.it