SVEZIA UCRAINA IBRAHIMOVIC SHEVCHENKO MILAN / «Per me è un grande onore avere la fascia di capitano della Svezia. E’ una grande responsabilità condurre la propria nazionale e rappresentare il proprio Paese». Zlatan ha un cuore, dicono in Svezia, e una delle ragioni per cui non lascerà il Milan è che gli hanno promesso la numero dieci. Stravede per il numero dieci. Insomma, Zlatan il materialista? Dimenticatelo. Zlatan vuole bene alla Svezia e, dice, non è venuto fino a Kiev per nulla. «Gruppi facili e difficili non esistono. Avete visto che la Danimarca ha battuto la Svezia. Chi è arrivato qui non ci è arrivato con la fortuna, ci è arrivato perché vale». Zlatan non può correre per il Pallone d’oro, che Shevchenko ha vinto nel 2004, ma può scollarsi di dosso l’etichetta di meraviglioso artista che non vince nelle occasioni che contano. Quelle nelle quali Sheva eccelleva. Sheva era nato per segnare quando agli altri tremavano le gambe.
E ora sta qui, nella sua veste di senatore malleabile che è già contento di far parte del gruppo e che probabilmente partirà in panchina, ma si sente ancora gol nelle gambe. Nella sua carriera ha giocato una sola grande manifestazione, ha trascinato nel 2006 l’Ucraina fino ai quarti di finale, ci riprova davanti al suo pubblico anche se non è più l’idolo di un tempo. L’Ucraina è tutta nuova, Blokhin promette che giocherà all’attacco. Altri tempi, quando Sheva doveva sgomitare da solo. «E’ un piacere stare qui, giocare partite importanti e sentirsi a casa. Che cosa penso di Ibrahimovic? Ho giocato contro di lui quando stavo al Milan, è un campione, farà di tutto per far vincere la sua squadra e lo stesso farò io. Questa partita non è Sheva contro Zlatan, non è vecchio Milan contro nuovo Milan: è una partita di un campionato europeo, ed è infinitamente più importante di tutto questo per il mio Paese».
Modestia «Io sono soltanto una parte del tutto». Pausa. «Una grande parte magari». Anche Ibrahimovic mette l’accento sul collettivo. «E’ chiaro che mi devo prendere delle responsabilità, ma sono abituato, mi capita nel club e mi capita qui. Io amo giocare con la pressione. La pressione ti fa stare sempre concentrato, devi restare concentrato se non vuoi andare a casa». E Zlatan non vuole andare a casa: questa è la sua prima stagione senza scudetto, un colpo al cuore e alla sua fama di infallibile. Un colpo ai suoi rapporti con il Milan, che però si sono rimessi a posto con un paio di sgridate telefoniche dopo che lo svedese aveva fatto i conti in tasca al club. In buona fede, dicono in Svezia, perché non voleva polemizzare. Zlatan al Milan vuole bene.
E insomma Ucraina-Svezia si avvicina in un clima fiorito. Agli svedesi piace il campo, piace l’albergo, piace Kiev, mentre il mondo che viaggia intorno all’Europeo si lamenta dei disservizi. Ma Ibra e la Svezia stanno sulla loro isoletta, in uno dei posti più belli, e avranno accolto con un sorriso il benvenuto di Shevchenko. «Questa è una città splendida, spero che sarà un bell’Europeo e mi pare che si siano viste belle partite». «Squadre un po’ nervose, forse, ma nelle prime gare succede», dice Ibrahimovic, che dal canto suo dovrà combattere l’emotività che a volte riduce la classe. Hamren e Blokhin, i due c.t., giurano che faranno sonni d’oro, di Sheva si sa che non dorme solo quando ha perso. Ma queste notti saranno speciali anche per lui, perché sono le ultime di una carriera fatta di gol decisivi. Quelli che Zlatan ancora cerca per dimostrare di non essere allergico all’Europa.
Fabio Alberti – www.milanlive.it