PATO INFORTUNI PRP / Molti i quesiti, poche le risposte. Una sola certezza: la dirigenza del Milan farà di tutto per ridare a Pato ciò che è di Pato. In questi ultimi due anni, 14 gli infortuni che hanno martoriato le gambe del giovane attaccante, alle prese con medici e terapie il più delle volte inefficaci. Di chi è la colpa? La linea generale parla di una massa muscolare troppo sviluppata, non più in grado d’essere sostenuta dalle ossa del giocatore, e che ad oggi rientro in campo comporterebbe un’infortunio. E allora qual’è la soluzione al problema? In linea puramente teorica sarebbe quella di far perdere a Pato la massa muscolare in esubero, via totalmente impraticabile: il giocatore sarebbe costretto a non allenarsi. Le terapie conservative attuate in questi mesi sono apparse inadeguate e tentativi da praticare non ne restano tanti. Uno di questi, considerato da molti l’ultima chance per la guarigione completa è il metodo basato sull’utilizzo del Prp (Platelet-rich plasma) ovvero il plasma ricco di piastrine che necessita dei tanto discussi fattori di crescita (o più comunemente chiamati ormoni della crescita) In parole povere è un procedimento attraverso il quale si separa il plasma dal sangue prelevato al calciatore, lo si arricchisce, appunto, di piastrine utilizzando i fattori di crescita per poi reimmetterlo, sotto forma di gel, nella parte interessata dalla lesione. Il tutto permetterebbe una più rapida rigenerazione delle cellule danneggiate e una migliore guarigione con il conseguente rafforzamento, nel corso del tempo, del muscolo lesionato. Non si tratta di un vero e proprio intervento chirurgico ma di una terapia invasiva che va effettuata comunque in sala operatoria. I tempi di recupero sono tutt’altro che certi dal momento che gli studi scientifici sulla questione risultano ancora troppo scarsi per dedurne una casistica attendibile. Della serie: si fa, poi si valuta. Tutto questo perché fino a qualche tempo fa i fattori di crescita utilizzati dal metodo Prp erano inseriti nella lista delle sostanze proibite dalla Wada (l’agenzia antidoping) che, tuttavia, nel gennaio 2011 ne ha legalizzato l’uso data la mancanza di prove concrete che tali proteine determinino un miglioramento delle prestazioni.
Fabio Alberti – www.milanlive.it